Natale 2006, da l’addio a James Brown

Anche se a me non e’ mai piaciuto come persona, mi sento comunque di dare l’addio a James Brown un nome noto in America per vari motivi.
Uno quello di aver sfondato, con alcuni pezzi storici come,”I feel God”, “Sex Machine” “Living in America” ecc, che rimangono un icona nel mondo del funky.
Poi di aver partecipato ad alcuni film interpretando il ruolo del predicatore nei “Blues Brothers” e cantando una delle sue canzoni piu’ note “Living in America” nel film Rocky IV.
Grazie a Bobby Byrd, che gli apre la strada e inizia cosi a suonare nel gruppo di gospel, poco dopo nel 1952 fonda il suo primo gruppo i ”The Flames”.
Brown, che si era autodefinito “il padrino del soul”, ha fatto scuola anche sul palcoscenico, con la sua fisicita’ dirompente, che ha influenzato successivamente cantanti del calibro di Mick Jagger e Iggy Pop.
Non riesco a capire come era capace di suonare 350 serate all’anno, James Brown si trasforma, con la ricchezza, in un esempio di ”capitalismo nero” , ben prima che il termine fosse inventato; apre ristoranti e negozi ed esorta i suoi concittadini di colore a vivere il ”sogno americano”.
Ci sono pero’ anche aspetti un po’ bui nel suo cammino, i problemi con la giustizia, forse per colpa dun’infanzia difficile: nato da una famiglia poverissima della Carolina del Sud nel 1933, a sei anni viveva in un bordello ad Augusta, Georgia, e per pagarsi l’affitto lavorava come lustrascarpe e nelle piantagioni di cotone. A otto anni provava a rubare la sua prima macchina e finiva in un riformatorio.
Poi il susseguirsi di vicende nel mondo delle droghe, denunce per percosse afflitte alle sue mogli come succedeva e succede anche ad altre star, che naturalmente sono state piu’ di una.Ma sapeva essere anche una persona umile e di rispetto infatti il giorno dell’assassinio di Martin Luther King, tiene un concerto teletrasmesso, invitando la popolazione alla calma. Il presidente Lyndon Johnson lo ringraziera’ per questo.
Addio James Brown.


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